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L'Alterità del cane: Tanto uguale e tanto diverso da noi!

 

ovvero come non maltrattare il vostro cane contro la vostra volontà

» L’ ”Alterità” e la “differenza esistenziale”

L’ ”Alterità” e la “differenza esistenziale”




L’ ”Alterità” e la “differenza esistenziale”

Apertura ad  un’intesa “vera” nella interazione tra cane e uomo

“Voglio un cane che mi dia “qualcosa” che neppure so cosa sia, ma che mi piacerebbe fosse autentico e puro.
Vorrei che mi aprisse le porte alla dimensione del suo essere capace di “percepire”la Natura,.
Vorrei poterlo vedere come veramente è, nella sua specificità.
Vorrei che mi parlasse della natura del suo essere.
Non voglio mettergli le parole in bocca, per non dover ritrovarmi nuovamente nella continua ed inesorabile “mascherata” della mia, più o meno, banale esistenza.”
(da: “un poeta ...della Natura”)

I Modelli Motivazionali e la loro applicabilità alla dicotomia fra l’essere del cane e quello dell’uomo


1_ Holly sul suo "trono" preferito.

Premetto un aspetto della convivenza con il nostro cane che deve essere tenuto sempre presente, ovvero il fatto che la scelta di interagire con il cane deve venire sempre dal cuore anche se ovviamente è sensato ragionare e valutare la sostenibilità dell’impatto che la presenza di un cane avrà sulla nostra vita quotidiana per capire se il connubio può avere un futuro felice e rilassato.
Spesso i rapporti con il cane nascono spontaneamente e in modo del tutto casuale e in un clima di tranquillità famigliare e la discussione che vado a intrattenere non deve logorare questa serenità ma spero, invece, possa servire a dare un valore più profondo al rapporto con il cane. Rapporto che non deve rinunciare ad una comunicazione spontanea e immediata. L’obiettivo piuttosto mira a cercare di facilitare e migliorare qualitativamente alcuni presupposti fondamentali di comprensibilità e soprattutto può servire ad evitare tragici fraintendimenti e tristi pentimenti futuri sulla convivenza tra noi e il cane.




2_ Una coppia felice

Affronterò anche un aspetto molto delicato che riguarda l’Aggressività, come manifestazione del comportamento conflittuale, che spesso viene trascurato da tutti i proprietari troppo fiduciosi che il loro cane sia “buono e bravo”, ritenendolo del tutto scontato, solamente perché magari è un Golden Retriever o un Labrador Retriever piuttosto di un Rottweiler o di un Pitt Bull. A tal riguardo vale la pena fare una riflessione più approfondita su tale problematica, provocatoriamente ma eloquentemente, espressa  nel titolo del libro di Barbara Gallicchio “Lupi Travestiti”, perché le caratteristiche all’interno  della Specie possono essere più o meno selezionate ma non potrà mai essere cambiata in maniera totale la loro Natura. 



3_"Per i cani l'aggressività è a-morale"



Prendo spunto da un’interessante articolo di Nicolas Patrini, sul concetto di “Alterità”, che è stato pubblicato nel  n° 1 del Gennaio 2011 de “I Nostri Cani”, Organo Ufficiale dell’ENC,I a pag 38, in una trattazione che aveva come tema “Il cane, educarlo per non cambiarlo”.



L’Argomento sembra passare con la massima tranquillità, quasi indifferenza, al punto tale che a volte mi chiedo persino se l’autore stesso magari lo abbia trattato in modo del tutto casuale e circostanziale e magari con una importanza del tutto marginale rispetto alla tematica centrale dell’Educazione, come un articolo tra tanti e come se i suoi contenuti, o siano stati compresi per nulla, nel loro senso profondo, o che a me appare un piano di lettura del tutto diverso e particolare che, probabilmente, potrà sfuggire ad un primo livello di lettura.

 

4_Tommy si stà interrogando...durante un riposino.



Comunque sia, l’articolo risulta piacevole, straordinariamente vicino all’Essere del cane, ed espresso con una strabiliante semplicità che ammiro veramente e di cui sono totalmente incapace.


Per quanto mi riguarda, invece , anche se da me pienamente condivisa, la tematica connessa alla Educazione passa in assoluto secondo piano rispetto ad alcune Verità Essenziali riguardante la specificità del cane proprio nella affermazione della sua Alterità esistenziale.

 

Il termine “alterità” non è qui usato come un banale aggettivo ma come una espressione del senso della Specificità biologica ed etologica del cane…almeno così l’ho interpretata io, forse in una prospettiva del tutto personale intrisa di filosofia Heideggeriana ed Etologia Lorenziana, nonché, qualche volta, filtrata con un po’ di Realismo Critico.

Il cane non è semplicemente altro da noi, banalmente e superficialmente parlando,  bensì il concetto di alterità investe tutta la sfera dell’esistenza del cane.

Il proprietario può “vivere il cane” o “con il cane” e/o diventare un “vero” interlocutore per il proprio cane, oppure diventare più semplicemente un utente.

Questa  differenza definisce abbastanza bene la dicotomia tra chi vive a pieno la specificità del cane e chi la vive, del tutto ignaro, come fosse la vita di una specie di inquilino della casa, in forma parallela, come chi la frequenta ma che non ne viene mai veramente scalfito e/o toccato nella sfera personale, ma solo come risvolto di facciata che sfiora la superficialità di un rapporto di buona educazione e di semplice opportunismo  , più o meno reciproco, più che di un rapporto vissuto autenticamente .


5_...nessuno mi capisce?



Quindi, questo “essere altro”, nel senso banale “del essere esternamente, morfologicamente, diverso da noi”, questa apparente e superficiale idea di alterità, sembra più che altro mettere il cane in una condizione di fraintendimento che facilmente si estende ad uno vero e proprio sfruttamento pscio-emotivo “per una specie di cecità etologica”, da parte dell’uomo, esercitata quasi sempre in modo del tutto inconscio e involontario e spesso addirittura creduta pienamente giustificata  dall’intenzione di elargire, al cane, uno smisurato (dal nostro punto di vista) amore.

Questo modo di guardare al cane in modo antropomorfo sembra quasi una “svista”, quasi un modo, inconscio, di non voler guardare in profondità per evitare il peso della “consapevolezza” e/o per paura di poter scoprire una forma di responsabilità troppo impegnativa che vada oltre alla semplice convivenza spensierata.

In verità questa “consapevolezza” è solamente un finto problema, un ostacolo più culturale che esistenziale perché il “vivere il cane” diventa una cosa molto affascinante, intrigante e piacevole che non costringe a grandi sforzi fisici e/o mentali ma richiede solamente quel pizzico di coraggio ad infrangere la “sicurezza” della visione quotidiana delle cose e del mondo che ci circonda.

Semplicemente, una volta infranta questa “ragnatela” del nostro io, il mondo si arricchisce di nuovi colori e significati e nuovi tipi di emozioni che arrivano al cuore ancor prima che al cervello e di cui è partecipe anche il vostro cane.

La capacità del cane di farsi adorare e di risvegliare in noi sentimenti talmente “amorevoli” lo fa anche  diventare facile preda delle nostre esagerazioni e diventa anche facilmente vittima degli eccessi del nostro comportamento “amoroso” e soprattutto della apparentemente “strana” condizione, dell’uomo moderno, di sentire sempre di più il bisogno di poter “dare amore” ( forse nella speranza di vedere in questa modalità una possibilità più generalizzata anche del “avere amore”) e soprattutto, di essere accettati in questa espressione emotiva (questa condizione è una espressione tipica della nostra dimensione di vita “metropolitana”, emotivamente sempre più fredda, distaccata e isolata in un iper “spazio-temporale”, dove impera Facebook, e dove le emozioni sono continuamente frustrate da condizione di vuoto sociale concreto, tenuto sotto controllo da una morale pressante e dominante e di spessore culturale imponente e che ingloba anche qualsiasi tentativo di rivolta e/o di opposizione, e che storicamente diventa il peso che ci proviene dal passato, con cui dobbiamo convivere e combattere nel presente, e che trasmetteremo, a nostra volta, volenti o non volenti, alle generazioni future)

 

Questa possibilità di sfogo emotivo, dell’uomo, che trascura l’essere del cane, sembra trovare, nel cane, una valvola di scarico esageratamente disponibile.

Disponibile al punto tale da illuderci  che il cane ne abbia veramente bisogno e che ci chieda ancora di più, solo per puro e semplice, incondizionato, amore e/o “bisogno di amore”, facendoci accecare  tutti i sensi che ci potrebbero avvisare, oppure far sospettare, che tale atteggiamento non sia del tutto ”naturale”.

Nel fraintendimento del suo vero significato,  nel rapporto del cane con noi, si origina e si insinua, in modo subdolo e in una quasi impercettibile spontaneità, una condizione di “dipendenza” emotiva tale che alla fine può portare ad una totale crisi della sfera biologica ed esistenziale del cane e il suo modo di interagire con noi finirà per dare risposte inadeguate ed inopportune.





6_...nessuno mi vuole dare una grattatina?



Il cane diventa, in questo modo di essere vissuto, in questa visione antropomorfa ed esageratamente morbosa, solamente una merce disponibile all’uso, finalizzato alla soddisfazione dei nostri sentimenti più reconditi, ovvero lo rende un oggetto disponibile alla soddisfazione di un bisogno da parte di un vero e proprio, appunto, “utente”, un fruitore, desideroso di dare amore a qualcuno che lo sappia apprezzare, almeno in apparenza, “veramente”, ( pur, anche, se magari in modo del tutto sbagliato, etologicamente parlando)

Questo tipo di proprietario ( innocente e, almeno, in apparenza, in buona fede) non sa vedere la sua operazione di “trasformazione antropologica” del cane e non si rende conto di niente di quello che stà provocando e di quello che stà succedendo, nel suo rapporto con il cane, anzi crede, in cuor suo, di fare il massimo possibile e crede di dare al suo cane tutto quello che può, nel senso di amore e benessere, e crede, con assoluta convinzione, che il cane apprezzi il tutto.

Invece, il cane, costretto  a subire incondizionatamente questa snaturatezza , e fraintendendo, anche lui (parlando sempre da un punto di vista etologico, nostro ovviamente) il nascente rapporto “esageratamente esplicito e vantaggioso” con noi, travisandolo completamente e rispondendovi in modo del tutto distorto e inadeguato, e non corrispondente (prima o poi) alla nostre aspettative finali, e il tutto magari, in apparenza e in superficie, anche senza tanta riluttanza, ma non certo senza conseguenze.


7_Adoro “oziare” insieme al capo…e mi ci stò proprio abituando a questo privilegio!

Il cane, diviene facilmente succube e schiavo di questo eccesso di attenzioni che però per lui hanno anche un significato diverso da quello che noi pensiamo e la conseguente reazione ci coglierà di sorpresa e, prima o poi, spalancherà una strada, nei nostri rapporti con lui, che ci apparirà, d’improvviso e inaspettatamente, del tutto distorta e che normalmente porta a pericolosi e tristi risvolti emotivi e sociali ( tutto, di solito, quando è già troppo tardi e la strada non ha più ritorni possibili, e allora ci apparirà la cruda realtà dagli incredibili e inspiegabili risvolti e dove sembra che sia il comportamento del cane, e non il nostro, ad essere del tutto inopportuno, assolutamente deprecabile e moralmente da condannare).

In tutti i casi, che sia attraverso una forma sviscerata di affettività da filiazione oppure attraverso una più o meno completa antropomorfizzazione, stiamo parlando comunque di maltrattamento della Natura del cane, negandogli una esigenza di vita fondamentale quanto l’aria che respira, ovvero  “l’attivazione di un dialogo vero con noi” (cito, con qualche mia aggiunta, dall’articolo di N. Patrini).


7_ Auguri da Timothy



Ma il concetto più straordinario espresso in questo articolo, di N. Patrini, è il concetto di percezione individualistica del proprio essere, tipica dell’uomo, contro la percezione collettiva ovvero sociale dell’essere del cane.

Cito da N. Patrini: “ L’ essere umano è portato per sua natura a sentirsi individuo anche nelle situazioni sociali, non a ragionare in modo collettivo”

“Il cane interpreta in modo sociale e quindi con una precisa attribuzione di ruoli, il suo stare nel “branco-famiglia”

“Pochi si rendono conto che, già a pochi mesi di vita, il proprio cucciolo ha ben chiare le norme gerarchiche e cerca una propria posizione sociale.”

 

Che dire: Bravo!!!...sono perfettamente d’accordo!

 

Noi possiamo  essere sociali ed egoisti allo stesso tempo, il cane non ha scelta, per lui la visione del mondo e in relazione al gruppo e il suo essere esprime l’essere del gruppo e il gruppo diventa tale attraverso di lui.

Il cane è, in quanto è parte del gruppo a cui egli appartiene non solo socialmente ma come essere biologico.



9_...tutti insieme appassionatamente

Questa è la vera alterità del cane rispetto il nostro essere “individui” sociali sì, ma pur sempre, e prima di tutto, individui!

Soggettivi e egoisti prima di tutto!...per noi il sociale può diventare un ideale e una scelta più o meno libera ma non sarà mai indispensabile per la nostra vita e per il nostro equilibrio mentale.

 

La nostra razionalità ci permette di evadere la necessità di essere una unica entità con il collettivo per affermare la nostra alterità come individui rispetto alla socialità del gruppo e della collettività.

 

Straordinario!!!


10_Il gioco di gruppo è più coinvolgente…e ha i suoi significati anche nel ruolo della vita reale

 

Voglio però cercare di estendere questo modo di vedere alla sfera dell’aggressività e della conflittualità per capire se è possibile pensare in termini di biologia Classica evoluzionistica per il cane e in termini di Psicologia Cognitiva  e Relazionale nell’uomo (oppure di dare una maggiore flessibilità costituzionale alle due correnti di pensiero), senza togliere nulla al cane ma anzi proprio nel tentativo di restituirgli quella alterità che tanto mi affascina in lui come una capacità che non ci appartiene più, come una dimensione perduta quando siamo stati cacciati dal  “Paradiso Terrestre”, della Natura, per avventurarci nell’ Inferno della possibilità d’arbitrio e della scelta illogica cosciente.

L’Alterità di cui stò parlando è strettamente legata alla percezione sensoriale specifica dal cane e alla sua predilezione per una dimensione percettiva di tipo più fisica che intellettuale.

(Vedi: Classificazione del cane e primati dei sensi)

Pensare al modello Psicoidraulico Lorenziano dell’aggressività per il cane, sapendo i limiti in questo contenuti, e senza farci coinvolgere dalla ideologia della “bestia dentro di noi”, ma usandolo solo come uno strumento idoneo solo per quelle circostanze in cui risulta più adeguato, di tanti altri modelli più complessi, per comprendere la realtà, ovvero farne un uso intelligente come se fosse solamente uno strumento d’indagine di cui conosciamo i limiti nella sua estensibilità alla costruzione fenomenologica del reale, cercando di avvicinarsi in modo più prossimale possibile al vero tenendo sempre presente che per noi questa ricerca è del tutto relativa alla prospettiva d’indagine, ovvero che lo strumento può diventare parte attiva nella alienazione della tesi da parte della prospettiva condizionante già implicita nella ipotesi di partenza.



11/12_…a volte la natura e l’arte ci sanno proprio impressionare davvero!



Lasciando i modelli più complessi della conflittualità, legati alla teoria dei giochi e alle strategie dominanti,  alla condizione umana, più complessa e arbitraria, e dove nella risposta  tra i giocatori è lasciato spazio anche alla imprevedibile possibilità della scelta arbitraria, assurda per il cane, di andare conto una Strategia Stabile, dove solo l’uso di raffinati sistemi “T.O.T.E.“( Test-Operate-Test- Exit) sono in grado di regolare, anzi, di rendere fortemente probabili, ma non certe, le interazioni, attraverso sistemi di rivalutazione dei punti fissi con la possibilità di una modificabilità degli stessi attraverso l’esperienza e l’apprendimento, estremamente complessi, mediati, intricati e troppo volatili per poter essere catturati in una stabilità tale da rispondere ad un modo di essere e di reagire immediato e molto più semplice,  quale è il codice di comportamento più o meno innato e/o appreso del cane.


13_...che macchietta questo cuccioletto!!!


La cultura semina dubbi e instabilità, mentre la Biologia tende alla stabilità e alla prevedibilità entro un’ orizzonte ben definito di alterità.

 

La promessa di sicurezza è il vero problema che oscura la possibilità di pensare in modo aperto e libero da certezze assolute che fissano l’essere in una necessità di corrispondere e lo pone in una condizione di iperpeso gravitazionale del tutto immobilizzante.

 

La scienza tende alla rappresentazione della sicurezza, mentre il pensiero della ricerca attenta  deve superare il peso della stabilità per poter capire il possibile, aperto all’imprevisto, senza perdere la testa, e armato di una cultura talmente de-ontologicizzata da poter essere sfruttata nel miglior modo possibile.

La strada è ancora lunga per poter capire la mente del cane, ma Nicolas Patrini mi ha aiutato ad aprila con nuova passione e speranza di riuscire a far intravvedere la luce che spunta da un rinnovato orizzonte di conoscenza.



14_…è meglio farsi una bella dormita!



Andiamo avanti…

 

Sull’aggressività e la “fisicità” dell’essere del cane 

(vedi anche: Nota 1: Breve introspezione nella natura canina):

 

La ricerca sulla aggressività ha una dicotomia di fondo che ne sancisce una destinalità fatale al fine di una ricerca essenziale piuttosto che fortemente ideologica.

 

La ricerca sull’Aggressività (RA) soffre sin dalla sua nascita di un problema ontologico, ovvero continuamente la ricerca della verità viene offuscata da ideologie della sicurezza che tendono a enfatizzare il destino dell’umanità sulla logica scientifica pura che dovrebbe, invece, essere finalizzata solamente  alla strumentalizzazione (l’essere utile al momento e per quel uso mirato e basta) del risultato ottenuto e non divenire una tendenziosa ideologia, con fondamenti e valori arbitrariamente radicati, disponibile a facili manipolazioni politiche.

Continuamente, nella RA, si cede alla tentazione di proiettare le nostre speranze e le nostre paure nelle nostre interpretazioni.

La tendenza dello scienziato “Uomo” di diventare incapace di distinguere il mito dalla teoria è intimamente legata al fatto che “la ricerca della conoscenza” si confonde continuamente, e in modo inestricabile, con la “ricerca della sicurezza”.

“Spesso le storie che si fanno raccontare alla biologia contengono messaggi di necessità e di destino; e spesso le storie che si fanno raccontare  alle scienze sociali contengono messaggi di libertà e di speranza. Da un punto di vista logico e biologico, entrambe le associazioni sono completamente arbitrarie; ma da un punto di vista ideologico, esse possono venire utilizzate per perseguire obiettivi sociali e politici molto espliciti.”

Da “L’aggressività, realtà e mito” di John Klama  Edito da Bollati Boringhieri

 

Se vogliamo cercare di arrivare ad una Verità più oggettiva bisogna cercare di liberarsi del peso di quella cultura che ci promette troppe facili risposte ultime alle nostre domande più importanti sull’esistenza umana e liberarci della fiducia cieca o di un’altrettanto cieca disperazione e aprirci di più ad una attenzione disciplinata e cauta evitando di trascurare la ricerca della conoscenza per privilegiare la ricerca della sicurezza.

Ricordiamoci sempre che ci convinciamo troppo facilmente di ciò che ci da sicurezza e che quando le cose, i fatti e le teorie, ci vengono prospettate come più facili e rassicuranti (ovvero senza conflittualità!) ci “appaiono anche più veri” !!!


15_…se andiamo avanti così mi farò una bella indigestione!!!!



Fin dall’inizio la RA poneva una premessa scontata che non era affatto così scontata e che portava  ad associare all’aggressività due interpretazioni tanto tendenziose quanto immobilizzanti la ricerca stessa, in una forma di cementificazione del buon senso e dell’osservare senza pregiudizi, dividendosi tra due ipotesi dicotomiche:

 

a)     L’aggressività è una condizione innata = il mito  della “Bestia” dentro di Noi = categoria naturale = caratteristica immutabile dell’esistenza umana = localizzata in geni, ormoni o centri celebrali

b)      L’aggressività è una condizione appresa = una categoria culturale dipendente dalla nostra esperienza vissuta = caratteristica più o meno facilmente modificabile

 

Ma invece:

 

L’aggressività non è una categoria naturale di analisi ma una costruzione più o meno utile che noi sovrapponiamo alla natura per i nostri fini più o meno sensati.

 

16_...e adesso cosa faccio?

(L’aggressività non è di per se buona o cattiva, approvabile o deprecabile, e soprattutto non vuole essere il metro di misura con cui giudicare, ma semplicemente è uno schema di lettura, una prospettiva d’analisi, è uno strumento del tutto a-morale, dove non si vuole giudicare niente e nessuno ma attraverso cui si vuole soltanto e unicamente cercare di capire gli eventi e giustapporgli in modo comprensibili nel contesto del loro orizzonte di esistenza.  

Capire e giudicare non sono la stessa cosa e non hanno la stessa finalità.) 


17_... ma chi avrebbe dubbi sulla nostra innocenza?


Se noi per un attimo solamente provassimo a togliere alla RA la sua dimensione morale per considerarla solamente da un puro e semplice punto di vista biologico forse potremmo, nella strategia utilizzata, pensare, per un momento che questo modo di vedere riguardi prettamente, ed esistenzialmente, solamente, o almeno principalmente, il Cane.

Allora la differenza essenziale ed esistenziale tra cane e uomo potrebbe essere studiata in questa prospettiva dove l’uomo rispetto al cane ha una propria sovrastruttura “ambientale” metafisica, che il cane non ha ( o per lo meno che non è sviluppata in modo tale da divenire preferenziale su altri sistemi di analisi), che complica ancora di più la differenza tra la dimensione biologica dell’essere dell’uomo, rispetto a quella del cane,  aggiungendo alla già incredibile diversità percettiva una dimensione metafisica specifica dell’uomo, del tutta intellettuale e mentale, con la possibilità di una interpretazione del fenomeno naturale del tutto prefigurabile e pensabile in forma più o meno virtuale, e arbitraria, e che dà la possibilità di poter prevedere gli eventi in modo razionale e quindi attivare una strategia premonitiva.

Se nella mente del cane, come sembra esserci in quella dell’uomo, almeno per la Psicologia Cognitiva, esiste davvero la capacità di avere una mappa cognitiva questa non sarebbe certamente paragonabile a quella umana ma sarebbe una mappa con un primato sensoriale specifico per il cane inserito in una spinta emotiva di tipo sociale particolare e di tipo specie-specifico e anche in essa vi sarebbe, di nuovo, un’alterità incolmabile di tipo biologico e, quindi, anche di tipo esistenziale.

Una strategia che si fonda sul concetto di “Progetto”( nel senso di prefigurare in un immagine rappresentativa complessa un’idea che poi verrà verificata e realizzata concretamente attraverso adattamenti progressivi) offrendo, all’uomo, l’immensa e straordinaria possibilità di immaginare  tutti i casi possibili e decidere per una scelta razionale oppure, persino, no, e, addirittura, usare la irrazionalità come una situazione possibile (da comprendere nel progetto come una condizione possibile da valutare) e usare questa possibilità, in sé assurda, con strategia e calcolo, al interno del proprio progetto, in forma del tutto astratta;

Capacità prettamente umana che dispiega una dimensione di esistenza che è totalmente, o quasi completamente estranea, a quella del cane.


 18_…mi vien da correre sull’acqua!!!


Con questo sistema interpretativo decidere in maniera contingente, caso per caso, per l’uomo, diventa una continua assunzione di responsabilità ad ogni minima decisione intrapresa sul piano teorico e applicata al fenomeno naturale, ed ecco apparire l’influenza monumentale della cultura e della storia…peso da cui il cane è del tutto libero ma che rivela in lui anche una bellezza straordinaria, ovvero la capacità di essere e di amare senza mediazione, senza prefigurazione e quindi senza sospetto e possibilità di manipolazione.

La realtà si scinde in due aspetti complementari e antitetici nello stesso momento ovvero la realtà come fenomeno naturale immediato e semplice del cane e la realtà, dell’uomo, come fenomeno mediato e complesso, intriso di fenomenologia e metafisica, insieme, in un groviglio inestricabile.

In parte siamo animali e in parte siamo angeli ma questi angeli possono essere custodi della nostra bellezza naturale oppure divenire anche demoni che spingono per sottomettere il dato naturale a quello interiore metafisico della razionalità offrendolo disarmato alla disponibilità della  speculazione politica e commerciale.


19_Aline Delle Grandi Ombre…un “Angelo custode”

della Scuola di Salvataggio in Acqua “ Onda Azzurra” di Ferrara



Il cane in questa immagine onirica apparirà sempre di più come un angelo custode di quei valori perduti ( o almeno nascosti in un ego ormai sempre più offuscante e trascurato).

La mente umana sa immaginare con estrema lucidità, e nella sua sempre maggiore persuasività, facilmente tende a diventare talmente convincente da non saper più distinguere il dato reale da quello immaginario e si rischia di perdere la consapevolezza della sua caratteristica di sovrastrutturalità e di opportuna, ma pur sempre mera, strumentalità, della rappresentazione astratta,  nel pericolo di dare  all’immagine stessa un valore di fondamento reale, concreto e, apparentemente, ontologicamente fondato, introducendo una morale necessaria a renderla disponibile ad essere usata politicamente e ad essere trasformata in subdola ed inquietante ideologia.

L’ideologia per propria essenza trasforma il dato reale in dato razionale e trasforma il suo nuovo statuto d’essere in morale imperante che nasconde la verità del essere per renderlo disponibile all’uso politico.

Questo è un meccanismo perverso che tende a trasformare la ricerca scientifica, quanto la RA, in ideologia perdendo completamente  l’uso puro e strumentale della ricerca ai fini della pura conoscenza per divenire strumento politico di governo e di dominio sulla vita.

 

Una strategia del dominio utilizzata nella lotta per la sopravvivenza tipica dell’uomo.

 

La natura può sembrare molto più cruenta ma sicuramente è meno perfida.

 

E se dovessi descrivere un carattere che contraddistingua la pericolosità del uomo sicuramente metterei la perfidia al primo posto.

Ovviamente… solo se fossi un incallito pessimista!


20_…non sono un pessimista!

Ma in verità adoro sia il cane che l’essere umano ma non amo confondere le loro alterità in un unico impasto moraleggiante e sono perfettamente d’accordo con John Klama ( anche se è solo uno  pseudonimo!) :

“Non siamo esseri fondamentalmente virtuosi che sono stati traviati dal male più di quanto non siamo creature fondamentalmente malvagie che per caso si sono imbattute nel bene”

E’ vero che certi tipi di Teologia pretendono di saperci dire che cosa c’è in noi di più reale, se il bene o il male.

Ma qualsiasi scienziato che sostenga la stessa cosa trascura la ricerca della conoscenza ….e privilegia la ricerca della sicurezza;

 

e noi non dovremmo illuderci né dare per scontato che quello scienziato abbia una speciale competenza o titoli sufficienti per un’impresa così audace.

 

…Non siamo né diavoli in doppio petto né angeli straccioni;

siamo uomini e donne di un mondo che in ogni momento ci costruisce e che noi costruiamo e disfiamo con i nostri pensieri e le nostre azioni.”


21_Dal “Mulino della Camera”…un’ alba cosi, anche in pieno inverno, ti dà sempre una certa ri-carica!

 

L’essere umano ha una capacita di interpretazione della struttura della propria realtà molto diversa dal cane perche vi è una forte predominanza della struttura metafisica su quella fenomenologica e quindi la sua capacità interpretativa passa attraverso il canale preferenziale della interpretazione rappresentativa e persino il suo orizzonte di realtà, il suo ambiente biologico diventa un “ambiente” del tutto particolare e più complesso, perché comprende in modo unitario ed estremamente intricato tra loro tutt’e due le dimensioni del suo essere, ovvero la dimensione fenomenologica e quella metafisica.

 

Non voglio affermare o dare giudizi di valore per cui il cane non abbia capacità metafisiche proprie ma voglio solo ipotizzare che la struttura metafisica sia un canale preferenziale di interpretazione,  del “suo” modo si essere nel mondo, specifica del uomo e che invece il canale preferenziale di interpretazione del “suo” mondo, nel cane, sia la struttura percettiva e l’analisi fenomenologica degli eventi prima che l’analisi dei suoi significati possibili e disponibili, nonché utilizzabili ai fini della sua sopravvivenza e al “suo” dominio del mondo.

Il dominare è un carattere in comune sia nella vita del cane che in quella dell’uomo ma il significato che esso ha è molto differente e ancora, in gran parte, da scoprire.

L’uomo è un animale politico mentre il cane è un animale specializzato concreto,  “puro” nel modo in cui si relaziona al mondo, “autentico”, privo di quella “camera oscura” che trasforma la realtà percettiva del mondo in una immagine rappresentativa astratta tipica dell’uomo, e per quanto la sua domesticazione lo abbia un po’ “contaminato” ( ma in verità è più che altro un modo comune di pensare e di dire quotidiano, perché , secondo me, non è proprio per niente così, ma, più  semplicemente, il cane è, molto probabilmente, contro ogni idea evoluzionistica, almeno classica, nato così, e si è potuto adattare alla convivenza con l’uomo solamente perchè il suo essere gli permetteva questa possibilità e niente di più) e noi non riusciremo mai a cambiarlo!!! Tutt’al più riusciremo a rovinargli più o meno la vita nel periodo in cui sarà costretto a interagire con noi!



22_…Aprilbee, fiduciosa, guarda con amore al suo cucciolo in mano a mia moglie Paola

 

La vicinanza del cane alla nostra struttura sociale e biologica lo ha fatto arrivare ai nostri giorni ancora integro nella sua specificità e alterità  e ancora in possesso di  quelle capacità autentiche e pure che solo un animale vero può ancora avere e che a noi sono state tolte al momento che siamo stati cacciati dal “Paradiso Terrestre” (….ecco che ogni tanto emerge la mia vena melo-drammatica, di tipo pessimista, che tende a scivolare in facili metafore metafisiche del tutto allegoriche sulla natura umana e la sua interpretazione religiosa!...però vi assicura che la mia capacità di essere ottimista, magari con una mente negativa, è estremamente grande).

Il cane ha bisogno di una struttura immediata mentre l’uomo, pur a volte ambendo a possedere la stessa capacità, non saprebbe mai fare a meno della sua immaginazione.

Ma soprattutto un uomo con delle capacità pure come il cane, nel “suo” mondo umano,  sarebbe certamente un essere straordinario ma con ben poche possibilità di sopravvivenza nel contesto della conflittualità umana e sarebbe subito travolto dai suoi simili e dalla loro perfidia.

Questa cosa che si chiama maltrattamento della natura specifica dell’essere di un’ente avviene anche nei confronti del cane, da parte  dell’uomo, per quanto involontariamente, almeno a livello del pensiero cosciente.

Ecco perché è molto importante capire bene questo concetto di “alterità”.

Riconoscere questa alterità non vuole dire mettere su piani diversi, più o meno aventi valore, la condizione umana e la condizione del cane; né vuol dire affermare la superiorità di una specie rispetto all’altra ma significa, semplicemente, capire il piano esistenziale di ciascuna delle due specie e capire le parti che ci accumunano e quelle che ci differenziano biologicamente, etologicamente e mentalmente e ci permettono  di costruire una rappresentazione metafisica della nostra possibilità di comunicazione (qualità prettamente o almeno preferenzialmente umana) fondata su paramenti concreti e oggettivi e non su una antropomorfizzazione di un legame che continua ad essere sempre più snervante e svilente solamente per una incomprensione dovuta alla cecità della prepotenza ideologica umana annebbiata dalla paura di ciò che di vero potremmo scoprire nel profondo animo del nostro cane che ci turba e ci attrae nello stesso tempo e che inconsciamente, a volte ingenuamente, vogliamo trasformare in qualcosa di più commestibile al pensiero umano.

(Capire ed accettare una condizione non sono due cose automatiche e date per scontate, ma all’opposto, normalmente, le due posizioni entrano in conflitto tra di loro e creano sistemi di difesa della soggettività attraverso la “digestione-trasformazione” della verità in una sua forma di ri-velazione, ovvero di nascondimento, finalizzata al dominio della conoscenza e della sua opportuna trasformazione disponibile all’uso.

L’oggetto non è più sé stesso, con tutta la sua verità e conflittualità, ma diventa una rappresentazione con un nome identificativo della sua categoria d’uso disponibile alla manipolazione e alle strategie del pensiero umano.

Diventa il “nostro” oggetto!)



23_…e tutto, o quasi, ha inizio da qui!

Ritorniamo però al tema della aggressività perchè mi affascina molto questa possibilità interpretativa dicotomica tra l’essenza del cane e  quella dell’uomo e trovo estremamente affascinante indagare sulle possibilità che questa indagine potrebbe aprire per una interpretazione più vera e autentica del rapporto fiscio-emotivo tra cane e uomo e alle sue possibili estensioni alla sfera della gerarchia di branco, o meglio di Gruppo-famiglia.

Bisognerà trattare di istinto e di apprendimento, di evoluzione dei caratteri e di sistemi psico-fisiologici che possano descrivere, anche solo approssimativamente, ciò che succede nel mondo del cane e, per più o meno analogia e/o dicotomia, nel mondo dell’uomo.

 

So perfettamente che sarà un terreno minato e pieno di insidie ma cercherò di tenere gli occhi aperti.

 

24_Beh, che c’è ?... non avete mai sentito parlare di cani a “gamba corta” ?

Modelli e meccanismi dell’aggressività:

 

Il Modello Psico-idraulico di Konrad Lorenz(1903-1989):

 

L’Etologia è una branca della Biologia che si occupa del comportamento degli animali.

 

La chiave per comprendere a fondo il lavoro teorico di Konrad Lorenz  è la distinzione fra componenti innate e componenti apprese del comportamento.

Oggigiorno, soprattutto i psicologi di estrazione cognitiva, hanno una vera e propria fobia versa il concetto di “innato” come se lo stesso minasse la libertà dell’individuo.

Credo che questa paura e/o ripudio intellettuale, che di fatto viene relegato alla stregua di zavorra storico-intellettuale, sia dovuta alla mancanza di lavoro sul campo ovvero di lavoro diretto con il cane…manca quel ”tu per tu”, per dirla con il Trumler.

Perché chi ha allevato, svezzato, socializzato ed educato o meglio ancora ri-educato, cani, e chi ha lavorato in ricerca e/o nelle prove di lavoro, soprattutto quelle dedicate alla difesa, non potrà negare la presenza piuttosto accesa, nel cane, soprattutto nei soggetti con più spiccate attitudini al lavoro, dei cosiddetti caratteri innati e dei rispettivi Schemi Motori Fissi meglio definite come “Coordinazioni Ereditarie”.




25_  Al calduccio e al sicuro, o quasi, nella "pancina" della mamma



Concetti facenti parte ancora della “Vecchia Scuola Evoluzionista Darwiniana” e che sono comunque, contro ogni tipo di opposizioni e negazioni, sopravvissuti sia nel linguaggio più comune che nelle teorizzazioni moderne post Darwiniane.


26_Nella strenua “battaglia” alla conquista del cibo e del calore…

a questa età o hai ereditato il sapere o non sopravvivi il tempo necessario  per imparare


Eberhart Trumler è decisamente l’etologo che mi ha affascinato e sicuramente influenzato di più di chiunque altro e trovo i suoi due libri più importanti sul cane le letture più affascinanti che io abbia avuto la fortuna di poter leggere, studiare, smembrare e ricomporre (paragonabili solamente a quelle di Irenaus Eibl- Eibesfeldt).

Purtroppo questo è il mio modo di leggere, non riesco mai a fare letture spensierate, ma piuttosto le mie letture sembrano vere e proprie operazioni chirurgiche più o meno sofferte, dilaniate da dubbi e focosi entusiasmi, con tante cicatrici da ripensamenti, annotazioni e correzioni fatte in tempi diversi e in relazione alla maturazione del mio pensiero filosofico e/o cinofilo, così che i miei libri sono sempre scarabocchiati, sottolineati più volte con matite e penne diverse, colorati con evidenziatori, piene di foglietti e fotocopie, pagine al limite dal distaccarsi, piegate e piene di post-it, insomma, un vero e proprio “campo di battaglia”.

 

Ancora oggi non riesco a liberarmi di una metafora straordinaria sul concetto di “innato” e “schemi fissi d’azione” che voglio brevemente qui riproporre:

 

Istinto ----- Azioni istintive = modalità d’azione innate

Coordinazioni ereditarie ------ modalità d’azioni fissate geneticamente ( attivabili

                                            attraverso determinate situazioni esterne, chiamati

                                            stimoli chiave, e che seguonoun proprio cammino

                                            obbligato)

                                        

Stimoli chiave------ elementi “attivatori” che “liberano” le coordinazioni ereditarie

                            ( permettono il loro scatenarsi)

                          



27_…se ne vedono proprio di tutti i colori!!!


La metafora nasce da un idea sviluppata dal etologo Konrad Lorenz e usata, nel suo libro, dal Trumler (…ma, a dire il vero, in contemporanea o forse anche prima, espresse con molta chiarezza anche da un’altro Etologo interessante: Ferdinand Brunner, che potrei definire il perfetto connubbio tra Trumler e Campbell):

 

Nell’organismo determinati centri nervosi, stimolati a loro volta da ormoni deputati, producono la formazione di Impulsi (energia pura) che tendono a liberare ( un vero e proprio sistema di dissinesco, di pressione attivatoria) le Coordinazioni Ereditarie (insieme di comportamenti completi trasmessi per via genetica in forma ereditaria come un “pacchetto” completo di azioni coordinate, ovvero già finalizzate, e già idoneo ad essere immesso nel ambiente con grande probabilità di appropriatezza e di successo biologico)  dal loro imprigionamento (blocco).

Questi Impulsi che premono per lo scatenamento delle coordinazioni ereditarie però sono a loro volta  “bloccati”, ovvero sono represso nella loro spinta ad esprimersi, attraverso altri centri nervosi inibitori.

Questa inibizione ad emergere, questo blocco degli istinti atavici, viene immediatamente tolto, permettendo lo scatenarsi, ovvero, il “liberarsi” delle coordinazioni ereditarie solamente quando gli organi di senso percepiscono uno “Stimolo chiave”, uno stimolo “attivatore”.



28_…persino la lingua può diventare, al momento opportuno e per il tempo che serve, un organo  altamente specializzato e contemporaneamente un perfetto stimolo scatenante attivatore…non solo per fare le “linguacce” !!!


Fantastico!!!

E’ come se le coordinazioni ereditarie (ovvero, le azioni e/o comportamenti coordinati e fissi, che non hanno possibilità di espressione diversa da quella codificata dalla natura attraverso un adattamento genetico formatosi attraverso l’appropriatezza della struttura genetica con maggiore probabilità di sopravvivenza) fossero imprigionate in un “serbatoio” con una sola porta di uscita che è sempre chiusa a chiave.

Questa porta si apre solamente alla presenza di determinate condizioni ambientali che fungono appunto da stimoli attivatori, cioè i “stimoli-chiave”.

Possiamo immaginare questi “stimoli-chiave” come un mazzo di chiavi con il quale, trovata la chiave giusta, fra tutte quelle presenti, possa essere aperta la serratura e spalancata la porta.

Solo così, davanti a queste circostanze determinate, il sistema nervoso libera gli impulsi che premevano per il blocco che imprigionava le coordinazioni ereditarie ( risposta di un determinato insieme di azioni coordinate e fisse all’apparire delle circostanze ambientali a cui queste risposte automatiche risultano, nella storia genetica della specie, essere la risposta giusta e incondizionatamente appropriata).


29_…alcune coordinazioni ereditarie appaiono solamente al momento opportuno, ovvero quando servono davvero!


Un sistema che scavalca, nelle situazioni ad “alto rischio” di mortalità, la necessità di un apprendimento opportuno per evitare il pericolo.

Quindi un sistema che assicura una maggiore probabilità di sopravvivenza alla specie, laddove gli individui nati, non avrebbero modo di imparare in tempi sufficientemente brevi e sicuri i comportamenti idonei a sopravvivere a quelle particolari circostanze ambientali.30_Il gioco “vero” diventa un campo di verifica e si sfogo, di apprendimento ma anche di liberazione della pressione degli impulsi

L’apprendimento di un comportamento vantaggioso ai fini della sopravvivenza richiede un ambito di esercizio neutrale, esente da rischi reali di sopravvivenza, che possa permettere la verifica dell’esperienza per prova ed errori, ed essere introdotti a gradi sempre più veritieri nella cruda realtà della vita.


30_ Il gioco "vero" diventa un campo di verifica e di sfogo, di apprendimento

ma anche di liberazione della pressione degli impulsi


Ma se il rischio di mortalità è molto alta il tempo necessario a comprendere l’esperienza concreta ed essere in grado di rendere l’apprendimento utile alla sopravvivenza può essere troppo lungo e quindi aperto a rischi mortali e a perdite consistenti.

Un condizione questa per nulla favorevole ad un animale predatore, come il cane, certamente altamente specializzato nella caccia e che per il successo necessità di capacità immediate di reazione e che, da cucciolo e adolescente, è del tutto inerme davanti ai pericoli della vita e alla battaglia per la sopravvivenza e che, inoltre, neppure è in cima alla catena alimentare.

L’azione istintiva permette di dare una prima incosciente spinta, detta appunto per questo istintiva, a reagire opportunamente senza dover riflettere e valutare l’esito concreto e finale di un comportamento e/o di un’ azione, per trarne un’esperienza utile alla sopravvivenza.

Un vero aiuto della madre Natura! 


31_…che bella coppia, la dimensione non conta!...ma avere un riferimento ti rende molto più sicuro.


L’azione innata spinge ad un comportamento verificatosi, geneticamente e storicamente, opportuno senza bisogno di esperienza, ma è solamente un’azione fissa che permette di guadagnare tempo per riconoscere l’esperienza in modo già correttamente indirizzata…il resto lo deve continuare a fare l’apprendimento e l’esperienza.

Insomma l’istinto ti mette nella giusta direzione.


32_…un aiuto dalla natura ti può mettere sulla strada giusta…Tom & Pam ci provano a nuoto !


Nel gioco predatoriale, ad esempio, il cane può imparare una serie di comportamenti che possono essere utili alla caccia ma se non vi fosse l’attivazione istintiva scatenata dal movimento repentino, e tipico della fuga, della preda, il gioco non si attiverebbe mai in senso produttivo alla cattura della preda e probabilmente neppure alla comprensione che la preda è una preda.

Anche il comportamento di cattura della preda e soprattutto quello di uccisione della preda  attraverso lo scuotimento è altamente ereditario ed istintivo e dipendente da schemi motori coordinati ed ereditari che non sono appresi per caso attraverso il successo della morte della preda (tant’ è vero che  lo stesso comportamento viene eseguito anche nel caso di un surrogato della preda vera, come ad esempio con un fantoccio di pezza).


33_…il mio “trofeo” preferito…ma soprattutto guadagnato!


Attivato l’interesse alla cattura, attraverso una attivazione istintiva di un riflesso incondizionato all’inseguimento, l’esperienza mette a repertorio un serie di strategie che si potranno rivelare più o meno opportune al fine da perseguire, ovvero, il fine ultimo della strategia attivata, cioè la cattura e l’uccisione della preda, e questo diventa il bagaglio di esperienze che può premiare di più un cacciatore esperto che non il novellino.


34_Novellino a chi???


Continuando con la metafora, è interessante anche un’altro aspetto continuamente visibile nella realtà, se chi osserva la penetra veramente, e non solo teoricamente con il distacco dello scienziato:

E’ possibile che la produzione continua dell’Energia Impulsiva, inibita dal blocco che imprigiona le coordinazioni ereditarie, vada ad accumularsi a tal punto che il Sistema entra in un regime di “Alta Tensione”. ( non ditemi che non vi è mai capitato di vedere il vostro cane che, dopo un inizio di gioco eccitante e stimolante, ma che probabilmente non riesce ad esaurire e scaricare  completamente l’Energia Impulsiva ( magari accumulata, appunto, in un periodo molto lungo di inattività) come se lo stimolo avesse scatenato qualcosa di impreciso e che al posto di una coordinazione ereditaria determinata il cane scarica, come se fosse impazzito, la sua carica energetica in modo più generalizzata in una attività frenetica surrogata e sostitutiva come ad es. correre in tondo emettendo versi come se stesse partecipando ad una corsa all’ultimo inseguimento e poi, improvvisamente, si ferma come se stesse ascoltando qualcosa nell’aria per poi riprendere o a correre di nuovo oppure a scavare come un forsennato per poi, altrettanto improvvisamente, bloccarsi e accasciarsi rilassato del tutto come se  finalmente fosse scarico e completamente realizzato, sereno e felice)

E questo tanto più intensamente quanto più a lungo non è intervenuto uno stimolo-chiave, scatenante, che abbia permesso agli impulsi di scaricarsi nella esplicazione delle Coordinazioni Ereditarie.

( questa situazione è normalmente la causa di comportamenti in apparenza insensati e spesso del tutto inappropriati e a volte anche pericolosi e con risvolti, qualche volta, drammatici, nei peggiori casi, e che possono sconvolgere la serenità della vita famigliare nei rapporti con il proprio “bravo”cane)

In questa fase di “Alta Tensione” ( un pò come una pentola a pressione lasciata troppo a lungo sul fuoco) la soglia di attivazione dello stimolo si abbassa sempre di più e non è più tanto selettiva ( ovvero si attivano le coordinazioni ereditarie anche con stimoli molto deboli e a volte anche non del tutto adeguati…arrivando persino a reagire ai cosiddetti stimoli surrogati) fino a produrre lo scaricarsi delle coordinazioni ereditarie anche in assenza di stimoli (quindi anche in assenza di motivazioni “esterne”!), come una sorta di scarico di energia accumulata in sovrappiù, ovvero, il blocco, che impediva alle coordinazioni ereditarie di manifestarsi, viene infranto, al fine di poter scaricare “a vuoto”, e/o “ surrogata”, l’eccesso di energia accumulata ( una specie di valvola di scarico!).

 

Le capacità innate, cioè le coordinate ereditarie di ogni tipo, sono bensì indipendenti dall’esperienza  ma non è detto che si manifestino fin dalla nascita se non risultano necessarie e immediatamente utilizzabili in un dato e specifico momento.

E’ sufficiente che esse giungano a maturazione non appena il loro impiego risulti appropriato.

Le coordinazioni ereditarie fanno la loro comparsa solo quando viene loro offerto lo “stimolo-chiave” corrispondente.

Quindi si può avere, a volte, l’impressione che si tratti di processi acquisiti ( esiste però anche la possibilità che avvenga contemporaneamente anche un processo, più o meno, simultaneo di apprendimento, più o meno, guidato dalle coordinazioni ereditarie innate)




35_…l’attività ludica del “novellino” è di grande importanza  alla futura  “tattica” del adulto maturo !!!


Il cane è “tagliato” ( è naturalmente predisposto!) per l’apprendimento e la continua  acquisizione di esperienze.

Il cane è una vera e propria “macchina per apprendere”.

 

E quanto più un organismo presenta queste capacità di apprendimento tanto meno emergono le sue capacità innate.


Nel cane la sopravvivenza è assicurata principalmente dal patrimonio delle esperienze acquisite e solo in via subordinata, i moduli comportamentali innati, provvedono ad una supplementare sicurezza.

Il cane può essere anche capace persino di sovrapporre intenzionalmente le proprie capacità acquisite ( e, a questo punto, si potrebbe anche dire: coordinazioni acquisite) a determinati impulsi,. Il che vuol dire che è, anche, in grado di reprimerli.

 

Nel cane il patrimonio innato e le esperienze acquisite si intrecciano tra loro tanto saldamente da rendere quasi impossibile la distinzione, nel comportamento, di ciò che è innato da ciò che è acquisito.



36_…mi sembra di “ricordare” qualcosa!


La funzione dell’istinto è quella di guidare il corso dell’apprendimento e non di sostituirsi completamente ad esso.

 

“Natura” del cane = insieme dei dati caratteristici innati

 

Gli influssi del primo anno di vita segnano indelebilmente il cane e possono risultare più forti delle sue stesse qualità innate.

 

 

Diviene importante, quindi , nel cane, analizzare a fondo le sue predisposizione “innate” all’apprendimento, “scandite” nelle diverse età, e osservare il suo rapporto con il Partner-Genitore.

Bisogna studiare i rapporti di interdipendenza tra il Maschio-Padre e i cuccioli per sapere come precisamente viene a formarsi ciascuna personalità canina.

 

Il cane è un animale fatto, ovvero “nato”, per apprendere

 

(nb: Le varie fasi della maturazione delle modalità di comportamento possono presentare grosse oscillazioni in quanto alcune razze sono più precoci, altre più tardive.)

 

In un animale sociale da preda come il cane, specializzato nell’apprendimento, gli schemi motori fissi devono essere molto generalizzati per non limitare la ricettività verso l’ambiente che gli è necessaria ai fini dell’apprendimento.


37_…la “Cinosophia” è il mio mestiere!


Esiste in base a tale esigenza un “Programma di Apprendimento Innato” che si adatta perfettamente alla vita della Famiglia Naturale e al programma educativo dei genitori.

 

Beh, che dire?... adoro Eberhart Trumler!!!

 

Questo vuol dire che ci sono dei periodi della vita particolarmente sensibili ad apprendere alcune esperienza piuttosto di altre e questi periodi hanno una definizione molto precisa che non può essere ignorata se non a scapito della qualità dell’apprendimento!!!

 

Comunque, per ritornare ad una precedente piccola parentesi, quando cioè la famosa pentola a pressione è al limite della sua capacità di contenere la pressione, o scoppia, oppure, se abbiamo la fortuna di avere una valvola di sicurezza ( detta appunto di “sfogo” ) possiamo alleggerire la pressione interna attraverso la sua apertura.

Konrad Lorenz ipotizzava, forse in modo un po’ semplicistico, o meglio in apparenza semplicistico, ma sicuramente in una prospettiva un po’ forse troppo ottimistica, che l’aggressività umana poteva essere tenuta in buon equilibrio attraverso la valvola di scarico di attività salutari alla vita dell’uomo, come ad esempio poteva fornire lo Sport.

Personalmente non credo che tale ipotesi sia sufficiente nell’uomo, e neppure credo ne fosse convinto il Lorenz, ( anche se comunque lo sport, e non solo, diciamo tutti i tipi di giochi di competizione, possono essere indubbiamente una considerevole e benefica valvole di scarico della tensione e dello stress accumulato nella vita quotidiana, ma l’uomo deve poter scaricare anche il suo lato “oscuro”, quello metafisico, quello che stà nella sua mente e che non i accontenta del consumo energetico espresso in calorie ma che ha bisogno di uno sport complesso di tipo speciale e molto psichico oltre che fisico) ma, invece, certamente:

38_…anche “volare” può diventare un esperienza da fare!


Nel cane,

il gioco e l’interazione sociale diventano veramente un modo appropriato ed efficace per scaricare la tensione “accumulata” durante periodi troppo lunghi di inattività fisica e, soprattutto, sociale.

 

Ma attenzione che non è sufficiente il “semplice” gioco per mero divertimento, ma serve un tipo di gioco particolare, certamente gratificante, ma allo stesso tempo, un gioco che anche nella sua dimensione ludica possa competere, o quasi, con la realtà dei rapporti conflittuali della vita reale, un ambito ludico sicuro e con regole chiare, dove scaricare le proprie tensioni socio-politiche.

Un ambito nel quale, pur nella ludicità del gioco, vi sia la possibilità di un coinvolgimento reale ed esistenziale “garantito” da una dimensione sospesa dalla cruenza finale dei rapporti finalizzati alla sopravvivenza.

Al posto della metafisicità il cane preferisce una forma di “realtà simulata” e  il concreto confrontarsi nelle attività sociali e collettive in forma di “addestramento alla vita” e alle specializzazioni necessarie per sopravvivere meglio e più efficacemente .

Un ambito dove il gioco della vita e della competizione sociale possano manifestarsi e trovare confronto pur rimanendo in un contesto  non “veramente reale”di lotta per la sopravvivenza  ( qui si pone una situazione di differenza fra vero e reale, dove il gioco può essere vero pur non diventando reale) ma sospeso in una dimensione dove c’è in scena “il gioco della vita” (ma non la vita!) ma dove, allo stesso tempo, c’è anche sempre la possibilità sospendere il gioco, di ritornare sui propri passi e sdrammatizzare la vera conflittualità all’interno di una dimensione    ”sospesa”, e quasi “virtuale”, della conflittualità dei ruoli.

Un ambito di duplicità dove si può passare dal gioco alla realtà ma sempre con un interspazio di prova…ma di prova reale, coinvolgente per davvero, non per finta,  dove il gioco si avvicina molto al reale e dove la immedesimazione vacilla quasi tra realtà e finzione, ma con sempre la possibilità di pacificazione immediata attraverso  l’ esibizione della bandiera bianca e/o con un po’ di diplomazia.

Al cane non piace un gioco “fasullo”, di finzione, senza attinenza alla realtà, gli piace un gioco vero, di confronto vero e salutare, con lo scarico della tensione conflittuale in un contesto alternativo alla realtà ma con la stessa carica esistenziale.

Un luogo dove esercitarsi alla vita in totale sicurezza e da dove verificare la sua capacità di imporsi sul contesto sociale reale senza il rischio di trovarsi in una situazione conflittuale veramente tale, imbarazzante, senza via si ritorno e senza via di scampo.

Una situazione di “sperimentazione della vita e di sé stessi” dove la Natura ci insegna che l’equilibrio serve trovarlo dentro di noi prima di arrivare ad una reale dimensione conflittuale.

Dobbiamo anche, però, stare molto attenti, nella interazione con il cane, anche solo nel semplice e, apparentemente banale, gioco,

 perché, per il cane,

 l’interazione, anche solo ludica, appunto, acquista facilmente una valenza corrispondente al reale, al “veramente significativo”, per cui una semplice vittoria in una battaglia, che a noi sembra della massima innocenza  e priva di ulteriori “misteriosi” significati, può diventare, invece, per il cane piena di significati sociali ”impliciti” e facenti parte del “gioco della vita” e trasformarsi, per il nostro cane, velocemente, in una “conquistata” posizione sociale “realmente acquisita per diritto”( …se non messa in discussione, nel “banale” gioco di tutti i giorni) e di significato pregnante e che si consolida sempre di più, più va avanti questo tipo di gioco e che continua ad estendere la sua influenza di ruoli anche al di fuori dall’ambito del gioco..nella, per il cane,  per nulla “ipotetica” realtà.

Il gioco va giocato “realmente”come un confronto vero e con le dovute conferme di Ruolo che si estendono nella vita di tutti i giorni, per il cane, e dove, in verità, basta poco per essere chiari…basta essere veri sempre e comunque!..non dare nulla per “finzione” anche se l’ambito del gioco non è la vita ma solamente (ma per il cane non è solo “solamente”) il Teatro della vita ( …una specie di verifica continua, espressa  nel gioco, con partecipata passione e veridicità ma “incruenta” e che, però, continuamente serve per confermare la stabilità o no dei rapporti sociali in corso nel Nucleo Famigliare), affatto banale e estranea ai veri rapporti sociali di Branco e di Gerarchia, e dove è in gioco la capacità di conservare il proprio Ruolo Sociale oppure no…e se così appare, allora, il cane cerca di sostituirsi alla nostra incapacità di affermazione della Leadership…sostenendo un gioco dove , per lui, è “in gioco”, davvero, la sopravvivenza del “Nucleo Famiglia” e della sua Stabilità Sociale cercando di ristabilire l’equilibrio interno attraverso l’ imposizione della propria Leadership.

Per cui battaglie continue, perse anche solo per gioco e credute semplici finzioni , e/o perché non volevamo esagerare o semplicemente per evitare un confronto troppo vero e reale ( …chi vuole prendere con sé un cane per godere della sua compagnia  ha spesso, e parlo per esperienza personale, un blocco “morale” a prendere sul serio alcuni tipi di comportamenti che richiederebbero la necessità di dover reagire per sostenere una Responsabilità di Ruolo che implicitamente potrebbero portare alla conflittualità e/o alla richiesta di verifica della propria posizione gerarchica !), possono destabilizzare la nostra posizione sociale e trasformare, con il tempo, una splendida e piacevole Partnership in una drammatica situazione di conflittualità dovuta da un capovolgimento dei rapporti, lento, inesorabile e quasi impercettibile nei suoi sottili cambiamenti, con il risultato finale di una esternazione di  esagerata dominanza del cane nei nostri confronti, sedimentata e “consacrata” attraverso piccole ma continue battaglie e confronti persi…”per gioco”, che rischiano di portare al fraintendimento dei rapporti Reali.

 Ed è sempre meglio che il cane non creda di essere il capo perché normalmente questo ruolo non è adatto a Lui, nella nostra società, e rischia anche di portare ad un regime comportamentale assai spiacevole per i nostri rapporti con il cane stesso e dei suoi nei confronti di tutto il nostro Nucleo Famigliare.

Quindi attenzione, il gioco con il nostro cane può cambiarci la vita!!!...stà a noi giocarlo con abilità e consapevolezza.

(vedi link Nota 2: Leadership secondo per secondo)


39_...c'è qualcuno in casa?



Ritornando ai modelli e ai meccanismi dell’aggressività analizziamo il, probabilmente, più affascinate modello motivazionale, quello psicoidraulico di Konrad Lorenz per capire immediatamente l’estrazione culturale del pensiero di Eberhart Trumler:

 

La ricerca di modelli comportamentali che in qualche modo potessero spiegare, o meglio fornire un’immagine logica del loro funzionamento, è strettamente connessa con il problema della Motivazione.

 

Chiunque abbia interagito davvero con i cani (ma vale per tutti o quasi, credo, gli animali) avrà scoperto che anch’essi, come gli uomini, sono di “umore” variabile.

Quindi sembra che un modello di causazione del comportamento basato semplicemente sul rapporto stimolo-risposta sia verosimilmente inadeguato.

Il fatto che lo stesso stimolo non provochi sempre la stessa risposta nello stesso animale ci costringe a considerare il ruolo di fattori causali interni oltre che di quelli esterni nella genesi del comportamento.

Ovvero siamo costretti a considerare il problema della motivazione!


40_ ...cooperare davvero e sul serio con il proprio compagno umano è l'ambizione più grande per il cane!

salvare un cospecifico dalle insidie del mare ti riempie di orgoglio...e ti arricchisce l'animo.

Saltiamo la storia dei vari metodi di approccio al problema dell’analisi motivazionale e ricordiamoci però anche che costruire modelli di comportamento ( siano essi realistici o, peggio ancora, formali) può presentare dei rischi, tra cui il più probabile e insidioso è il rischio di ingannare noi stessi con le parole che usiamo.

Teniamo sempre presente che nella realtà non c’è alcuna garanzia che il cervello si conformi ai dettami delle nostre classificazioni.

Bisogna stare sempre attenti quando costruiamo un modello del comportamento ( ad es. quello aggressivo) a non sostituire o posporre invenzioni grammaticali ( modelli formali) al posto dei meccanismi autentici…per quanto affascinanti e rivelanti potrebbero apparire.

Bisogna sempre essere sospettosi di ciò che si presenta in modo facile, convincente e garante di  sicurezza e ricordarsi sempre che questi caratteri spesso tendono ad annebbiare, se non addirittura a annichilire, la ricerca della conoscenza per preferire la ricerca della sicurezza e tendono a sostituire il mito alla logica scientifica.

 

Ricordiamoci sempre che la nostra costruzione di modelli comportamentali si basa sempre e solamente su delle supposizioni di ciò che avviene nel sistema nervoso degli animali e non bisogna mai credere che il risultato faccia corrispondere il modello alla realtà.

Ricordiamoci sempre che il modello è solamente uno strumento, un filtro logico, un paio di occhiali, una prospettiva di penetrazione, che ci può solamente aiutare a capire di più e a vedere meglio, ma nulla di più, e deve servire solamente a cercare di capire, prevedere e controllare il comportamento stesso, ma non ci permetterà mai di poter affermare, con sicurezza ontologica, quale sia il comportamento più giusto, e non ci permetterà (e non ci deve poter permettere) un giudizio morale, tutt’al più potremmo definire quale possa esser il comportamento più adeguato in determinate circostanze, in un determinato momento storico e in un determinato ambiente per poter perseguire e ottenere un fine specifico ( ad esempio la vittoria in una strategia sociale, o nella conquista della preda migliore, ecc).

Modello “psicoidraulico” della motivazione di Konrad Lorenz:



41_ Da “L’aggressività, realtà e mito” di John Klama  Edito da Bollati Boringhieri

Descrizione:

 

Ipotesi:

 

Sistema            n° “energie”       n° Istinti

Nervoso =>    motivazionali =   specifici

Centrale               distinte

 

Immaginiamo (vedi disegno):

 

Rubinetto = Sistema nervoso e/o Ormonale che produce l’Energia (Impulsi Interni Istintivi)

Serbatoio d’acqua = Contenitore dell’Istinto ( che contiene tutte le azioni comportamentali fisse)

Pressione dell’acqua = Spinta o “Impulso” ( che spinge all’esecuzione di un atto istintivo, ovvero allo “scatenarsi”, dei “Schemi Fissi d’Azione”)

 

Allora:

Ogni energia distinta è paragonabile ad una massa d’acqua che si accumula continuamente in un Serbatoio (contenitore degli Impulsi Istintivi) finchè l’Istinto Relativo ( le Coordinazioni Ereditarie Fisse) non viene “espresso”, ovvero si riesce a liberarsi.

 

Cosa succede e come funziona il Sistema Motivazionale “Psico-idraulico”:

 

L’Acqua non può uscire a causa di una “Valvola a molla”.

La “Valvola a molla” può essere aperta da due condizioni possibili:

1)     Da una “determinata” pressione dell’acqua stessa ( e quindi l’apertura della Valvola rappresenta un sistema di sicurezza che permette al sistema di non andare in “alta tensione” ovvero di non superare quel grado di pressione che potrebbe “danneggiare” e/o far scoppiare il contenitore stesso a causa di una pressione dell’acqua che è superiore alla sua capacità di resistenza)

2)     Da una forza “esterna”, agente sulla Valvola a molla, applicata con un sistema di “Bilanciamento” ( Piatto della Bilancia!) che agisce sulla apertura della Molla e che possiamo chiamare “Forza Scatenante” ovvero “Stimoli Scatenanti” che sono offerti-prodotti dal Sistema Esterno “Ambientale” e che agiscono in qualità proporzionale alla loro adeguatezza a produrre, liberare, scatenare i comportamenti, Schemi d’Azione Fissi, desiderati in quanto valutati adeguati dal sistema genetico evolutivo ( Memoria Genetica).

Le due condizioni, 1) interna e 2) esterna, possono agire in modo separato o in modo combinato e rappresentano il “Meccanismo Scatenante Innato.

 

L’interessante è che più la “Pressione” nel Serbatoio (Serbatorio = contenitore degli Istinti…REPRESSI!!!) aumenta e si avvicina a quella di “Alta Tensione” più la molla diventa “Lassa” ( diminuisce la sua capacità di chiudere e tener bloccata l’Acqua ( Acqua = Energie che premono per liberarsi in comportamenti specifici e pre-programmati –“Schemi d’Azione Fissi”-)) e più “sensibile” agli “Stimoli Scatenanti Esterni” proposti dall’Ambiente.

Per cui in “Sovratensione” il Sistema diventa meno “selettivo” nella accettazione dei “Stimoli Scatenanti” e alla loro “adeguatezza reale” e diventa una modalità naturale per “scaricare-liberare” le Energie in più per “alleggerire” la “Pressione” del Sistema stesso al fine di “ristabilire” le condizioni di benessere generali, “normali”, del sistema stesso (Sistema Nervoso!!!), una specie di “tensione” al “ristabilire” l’Equilibrio del Sistema Nervoso e, di riflesso, di tutto l’organismo.

Persino i comportamenti specifici ovvero i “Schemi d’Azione Fissi”, in un regime di “Sovratensione” possono diventare “non specifici” e “inadeguati” al caso specifico e il Sistema tende a liberare prima quelli più sensibili e biologicamente importanti e che si trovano in maggiore stato di crisi.

 

FANTASTICO !!!!....SE NON E’ CONVINCENTE QUESTO!!!!

...QUINDI MOLTA, MA MOLTA, ATTENZIONE!!!!

...ALLARME MASSIMO!!!


42_…siamo in acque profonde, meglio saper nuotare bene!!!



Nella mia esperienza personale con i cani ho avuto modo di vedere in molteplici casi in funzione questo Sistema Motivazionale almeno per molti Comportamenti Elementari Tipici funzionali alla sopravvivenza.

Non voglio con ciò affermare che il cane sia governato da solo Impulsi Innati, come se fosse una marionetta senza possibilità di libertà nelle proprie azioni, e che lo costringono ad una risposta automatica incondizionata,  senza possibilità di verifiche di adeguatezza, alle variazioni ambientali, retroattive, come si possono trovare nei Modelli Motivazionali più complessi legati alle strategie dominanti e alla teoria dei giochi e con strutture di relazione e controllo estremamente suffisticate e, secondo me e solamente secondo me, molto più adatti alla interpretazione del comportamento dell’uomo piuttosto di quello del cane.

In questi Modelli Motivazionali vengono introdotti sistemi di controllo retroattivi che possono influenzare, dopo una adeguata e attenta valutazione del sistema, i parametri fissi che gestiscono il controllo dei comportamenti in risposta agli stimoli scatenanti offerti dall’ambiente.

La “fantasia” dei Modelli Motivazionali, però, si arricchisce, secondo me, solamente di maggiore flessibilità non cambia poi di molto la struttura d’impostazione del sistema introducendo una specie di Meccanismo di Controllo analogo al nostro sistema di riscaldamento della casa, introducendo un “Termostato” in grado di “Bloccare” o “Attivare” i comportamenti attraverso l’introduzione di un punto di “regolazione” “Valutativo”, e non solamente “Reattivo”, impostato in relazione agli stati di benessere voluti e alle risposte cercate.

Appunto un maggiore Flessibilità che però porta il sistema a perdere in Velocità e immediatezza nella risposta cosa molto ragionevole nell’uomo ma poco produttiva per il cane.

Oggi il cane è stato letteralmente catapultato nel nostro mondo metropolitano e una struttura “flessibile” gli potrebbe “in teoria” essere di vantaggio ma il suo essere, la sua condizione di Alterità, non può essere eliminata come se fosse una sovrastruttura ormai inutile perché, invece, essa appartiene in modo esistenziale al cane e, sempre che sia possibile, e personalmente non ci credo affatto ( in sintonia con le più moderne ed avvedute teorie post evoluzionistiche) , se il cane potesse adottare un sistema di adattamenti alla nuova condizione di vita non lo potrebbe fare in tempi rapidi ma solo in milioni di anni.

Nel frattempo se vogliamo bene al cane, e lo vogliamo veramente prendere sul serio, sarà meglio fare qualche considerazione meno opportunistiche sulla sua alterità e al modo in cui noi possiamo avvicinarci ad essa.

Perché l’uomo può fare questo “piccolo sforzo” di cercare di venire incontro a queste esigenze del cane.


43_…per imparare a nuotare serve un Papà premuroso ed esperto… come Tony con il suo Lapo!


Per l’uomo tale condizione è del tutto naturale ed egli deve solo riconoscere nel cane questa condizione di alterità e imparare ad interagire con il cane tenendo ben presente questa sua condizione di “diversità esistenziale”.

Una condizione che l’uomo può penetrare facilmente se evita fuorvianti Antropomorfismi e comportamenti paranoici, nel consumo del cane, in funzione dei nostri problemi esistenziali di affetto e di isolamento sociale ( tipici dell’abitare un contesto sociale globalizzante e omogeneizzante dove la personalità tende ad annichilirsi per diventare solamente un fantasma dell’essere) e ai quali il cane può dare facile, per quanto apparente, sollievo, attraverso una capacità di sopportazione e accettazione veramente stoica ma che prima o poi, se non gli si dà la possibilità di trovare il giusto “sfogo”, lo scarico necessario, straripano in comportamenti distorti e per nulla adeguati, spesso deludenti, frustanti e, a volte, anche estremamente pericolosi.


44_Si dice che chi mal intende peggio risponde…ma con due orecchie così non potrò sbagliare !!!

Ho spostato la mia argomentazione dalla Aggressività al comportamento sociale del cane che però è estremamente relazionato alla RA in quanto è un comportamento base della esistenza del cane e interviene in modo mediato in quasi tutti i suoi aspetti.

L’aggressività è strettamente connessa alla socialità della specie.

L’aggressività è strettamente legata alla vita predatoriale, alla difesa del territorio, alla lotta per la sopravvivenza, alla difesa del cibo e del partner sessuale e certamente è sostanziale nei rapporti sociali legati alla gerarchizzazione all’interno del gruppo e nella affermazione della propria dominanza per la affermazione della propria Leadership.

 

Dalla citazione di Trumler nel cap. 4 dei “Lupi travestiti” di Barbara Gallicchio Edizioni Cinque:

“ Il menù di un lupo va dai funghi ed alle bacche ai topi e su su fino ad animali grossi e combattivi quale l’alce o il bisonte. Di prede di questo genere non si riesce ad avere ragione con il solo istinto, si rivela invece molto più opportuna una specifica attitudine all’apprendimento.

(…) L’effettivo progresso si ha quando sia possibile trasmettere alle generazioni successive quanto il singolo individuo è riuscito ad apprendere. Perché sia possibile trasmettere ai discendenti quanto si è appreso, deve esistere in questi una predisposizione all’apprendimento. Ma questa predisposizione è possibile solo se vi è una accettazione dell’esperienza di chi è più anziano.

(…) Il riconoscimento dell’autorità è decisamente il principio portante di tutte quelle forme nate per vivere in società (…).

A tali forme appartengono le specie di cani gregari come pure l’uomo.”

 

Ma anche in questa RA, riferita al cane, dobbiamo assolutamente considerare molto seriamente e realisticamente la sua “Alterità” e specificità esistenziale che a volte sembra correre con la nostra condizione esistenziale ma a volte vi si accosta solamente in un parallelismo che non si tocca mai e a volte addirittura funziona, e quasi sempre inaspettatamente,  in modo diametralmente opposto alla nostra.


45_…il cane ti ama per quello che sei e, per capirlo, ti guarderà nel cuore non nella mente!!!

Il cane ti guarda dentro il cuore, nella profondità dell’essere, non nella apparenza della esteriorità…per Lui il vestito non conta…è solo un’immagine di te che non lo impressiona!!!


Anche alla RA può essere applicato, con un po’ di attenzione e cautela intellettuale, il Sistema Motivazionale “Psico-idraulico” di Konrad Lorenz e a tal intento vengono utili le considerazione di due autori straordinari del “Realismo Critico” :

Irenaus Eibl- Eibesfeldt:

“Amore e Odio : per una storia naturale dei comportamenti elementari” Ed. Adelphi

Eberhard Trumler:

“A tu per tu con il Cane” e “Il cane preso sul serio” Edizioni Mondadori

 

Tutto questo confronto intellettuale solamente per cercare di capire a fondo la specificità della natura del cane e del suo comportamento nella interazione con l’uomo.


46_…e potremmo sorprenderci nel scoprire che magari sarà il cane a salvarci da noi stessi!


Cercheremo di capire meglio la sua natura di cacciatore, di animale sociale altamente specializzato,

i suoi sistemi di gerarchizzazione sociale, di difesa del territorio, il rapporto di Leadership e/o di Partnership, le sue attitudini morfologiche e caratteriali e, perché no, cercheremo di penetrare nella sua testa senza doverla prima antropomorfizzare, cercheremo di capirlo nella sua “alterità”, nella sua Natura, e cercheremo di creare un sistema di comunicazione opportuno per poter interagire correttamente con lui, ma cercheremo, in questa ri-scoperta della Verità della Natura del cane a preservare nel suo essere quel straordinario animale che ci ha talmente affascinato da volerlo scegliere come compagno della nostra vita, in in modo talmente profondo che nulla dovrebbe essere in grado di minare, ne tantomeno di saccheggiare questo rapporto.

 

“In Lui riusciamo a carpire, senza esserne travolti, i due aspetti della nostra natura che più ci inquietano e allo stesso tempo ci attraggono: lo spirito libero dell’ essenza animale e la necessità di amare senza limiti”

( da un inquieto poeta del cuore)


47_ ...l'amore e la protezione sono la traduzione di un sentimento primordiale.


Vorrei ora cercare di delineare il più esplicitamente possibile quelle “specificità” che definiscono in modo molto esplicito l’ “Alterità” del cane.

 

CONTINUAZIONE…in lavorazione!


48_ Al mio vecchio amico Bozo, un "Angelo Custode" molto speciale

che ci ha lasciato tanto tempo fa

... ma solo fisicamente, come tutti i nostri cani!



 
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